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Perché “Ex musulmani” e non “atei”?

Essere atei è sempre difficile, ma essere una “atea col velo” forse è qualcosa che non riusciamo neanche a immaginare. “Prove, tribolazioni e gioie di un’atea con l’hijab” è il sottotitolo del blog di Jamila, atea araba, che ha da poco deciso di raccontare, come ormai fanno in tanti, il suo viaggio personale tra le sfide a volte impossibili e le emozioni contrastanti di chi non riesce a fare finta di niente. Di chi non ce la fa proprio a adottare una doppia morale per mascherare una fede che ha perso e che l’hijab trova il coraggio di toglierselo. Degli ex musulmani, insomma. Che sono diversi dagli atei.

Leggendo i suoi pensieri, così come quelli dei tanti giovani blogger del Medio Oriente, ci si rende conto che gli “arabi” non sono un concetto astratto proveniente da un medioevo dell’immaginario, ma sono persone reali che sono fin troppo simili a noi e hanno perfino i nostri stessi dubbi quando si tratta di fede. Gli uomini non sono tutti fanatici barbuti e le donne non sono tutte sottomesse e mansuete. Anzi, forse più le donne che gli uomini, grazie all’istruzione e al contatto col resto del mondo, stanno smuovendo le fondamenta della società, come testimoniano anche le storie di Nabila nel Bahrein e Noha in Egitto raccolte da Brian Whitaker nel suo Arabi senza Dio.

Dice Jamila:

Ho abbandonato l’Islam, ma l’Islam non mi ha abbandonata altrettanto velocemente – era stato forgiato nella mia mente e nei miei gesti da quando sono nata e mi ci sono voluti anni per lasciare la mia “pelle musulmana”, per così dire, per identificare chi fossi dentro veramente. Ho dovuto partire da zero, ricostruirmi, reinventare l’identità che i miei genitori mi avevano assegnato alla nascita. Mi sono dovuta chiedere: Chi sono adesso? In cosa credo? Perché non ce la faccio a credere nell’Islam, quando tutta la mia famiglia ce la fa? C’è qualcosa che non va in me? E adesso, dove vado? Come vivrò la mia vita?

L’espressione “ex musulmana” racchiude questo percorso e riesce a cogliere come il mio ateismo sia un costante disimparare la mia educazione musulmana, una costante lotta interiore contro le credenze che mi sono state inculcate in testa fin da quando mio padre mi ha recitato per la prima volta il richiamo alla preghiera all’orecchio destro, appena nata.

Essere “ex musulmano” è quindi uno stadio di allontanamento che può durare molto tempo, è la decostruzione di una personalità fatta di molte ritualità complesse e intrecciate indissolubilmente con la cultura di origine. In occidente non esiste l’espressione “ex cristiano”, ma viste le similitudini e la pervasività della religione nella cultura forse dovremmo introdurla.

 

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Perché “Ex musulmani” e non “atei”? ultima modifica: 2015-12-28T10:00:18+01:00 da Corpo60
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