La cyber-jihad contro gli atei arabi

In seguito agli attacchi orchestrati da attivisti musulmani, Facebook ha oscurato almeno nove gruppi di discussione per gli atei e laici arabi.

Traduzione di “The cyber-jihad against atheists” di Brian Whitaker, pubblicato sul blog Al-Bab il 22 febbraio 2016.


Dall’inizio del mese, gli attivisti musulmani sono riusciti a ottenere che Facebook oscurasse almeno nove gruppi a cui sono iscritti complessivamente 128.000 arabi atei e laici.

I cyber-jihadisti hanno attaccato questi gruppi bombardando Facebook con segnalazioni moleste e, a volte hanno deliberatamente pubblicato materiale offensivo sulle pagine dei gruppi per poi segnalare i post a Facebook.

Attacchi di questo tipo sono in corso già da qualche tempo, ma gli amministratori dei gruppi degli atei arabi sostengono che questi siano notevolmente aumentati nelle ultime settimane.

I gruppi che sono stati oscurati da Facebook nell’ultimo mese sono:

  1. Arab Atheist Network (Shabaka al-Mulhidin al-Arab): 23,500 iscritti
  2. Arab Atheist Forum and Network (Shabaka wa Muntada al-Mulhidin al-Arab): 9,200 iscritti
  3. Radical Atheists without Borders (Mulhidun Radikaliyun bi-la Hudud): 23,500 iscritti
  4. Arab Atheist Syndicate (Niqaba al-Mulhidin al-Arab): 11,000 iscritti
  5. Arab Atheist Syndicate – backup (Niqaba al-Mulhidin al-Arab al-Ihtiyati): 5,000 iscritti
  6. Humanitarian Non-Religious (Al-Insaniyya al-Ladiniyya): 32,000 iscritti
  7. Human Atheists (Insaniyun Mulhidun): 11,000 iscritti
  8. Arab Atheist Forum and Network (Shabaka wa Muntada al-Mulhidin al- Arab): 6,400 iscritti. (URL non disponibile)
  9. Mind and Discussion (Al-Aql wal-Hiwar): 6,500 iscritti. (URL non disponibile)

 

Inoltre pare siano stati chiusi anche un gruppo di arabi atei in Canada e un gruppo di incontri per atei e altri sette gruppi, per un ammontare complessivo di 176.000 iscritti, sono attualmente presi di mira.

  1. Humanitarian Dialogue Forum (Muntada al-Hiwar al-Insani): 31,166 iscritti
  2. Humanitarian Non-Religious (Al-Insaniya al-Ladiniya): 45,603 iscritti
  3. Non-Religious in the Middle East (Al-Ladiniyun fi al-Sharq Awsatiyun): 11,901 iscritti
  4. Philosophy and Logic (Al-Falsafa wal-Mantiq): 27,692 iscritti
  5. Atheist Till End of Religion (Al-Mulhidun Hatta Zawal al-Din): 5,196 iscritti
  6. Radical Atheists without Borders (Mulhidun Radikaliyun bila Hudud): 7,081 iscritti
  7. Atheist Research (Bahth Mulhidin wa Khadabawaran): 47,379 iscritti

(Nota: da un controllo su questi gruppi effettuato questa mattina – 22 febbraio – pare che il terzo della lista sia stato oscurato.)

Usama al-Binni del Arab Atheist Network ha spiegato alcune delle tecniche utilizzate negli attacchi.

“Sappiamo per certo che hanno delle persone all’interno dei nostri gruppi che pubblicano contenuti che possono sembrare normali come le immagini delle devastazioni in Siria. Postano una trentina di immagini, e le foto che puoi vedere appaiono come regolari. Ma quando arrivi alla 23 o 24 ti ritrovi delle immagini pornografiche”.

Gli infiltrati poi segnalano le foto porno a Facebook , spesso riescono a farlo prima che gli amministratori dei gruppi abbiano la possibilità di individuare le immagini e cancellarle.
Oltre a questi infiltrati, altri operano al di fuori dei gruppi partecipando a campagne di comunicazione montate ad arte in cui questi gruppi vengono accusati di fare discorsi che incitano all’odio e di violare le regole di Facebook.

Binni, un fisico e traduttore di origine giordana, dice che queste accuse sono ridicole. “Quello che stiamo facendo è criticare la religione in un modo che non è diverso da qualsiasi altra serena critica intellettuale. In realtà noi abbiamo regole che sono molto più severe di quelle di Facebook per quanto riguarda gli attacchi personali, imprecazioni e roba simile, e quindi tutta questa storia diventa ridicola”.

Alcuni gruppi atei hanno cercato di proteggersi duplicando il gruppo in modo da poterlo utilizzare quando quello principale viene chiuso, ma anche questa soluzione sta diventando meno efficace.

Dice Binni:

“Per il nostro gruppo ne abbiamo creato uno di riserva che è stato sospeso per diversi mesi ed è stato messo sotto attacco, così abbiamo dovuto cambiare il gruppo da ‘chiuso’ a ‘segreto’, però ciò lo ha praticamente fatto morire. Sostanzialmente non c’è più alcuna attività”.

Da qualche parte su Facebook i cyber-jihadisti stanno festeggiando i loro recenti successi. “La chiamano ‘La vittoria di febbraio’ o qualcosa del genere”, dice Binni.

Su Facebook ci sono almeno cinque gruppi di lingua araba coinvolti nel coordinamento di questi attacchi. Uno di loro, un gruppo chiuso che non fa mistero del suo scopo, si chiama: “Gruppo per la chiusura delle pagine che offendono l’Islam“.

Incoraggiati dalla loro “vittoria di febbraio” contro i gruppi atei e laicisti, alcuni dei cyber-jihadisti sembrano ora voler ampliare i loro obiettivi.

“Ci sono anche alcune pagine personali che sono state prese di mira, e ora stanno cercando di ottenere i nostri profili personali”, ha detto Binni. “Continuiamo a ricevere minacce di morte, e strani personaggi che sembrano essere hacker informatici o aspiranti tali che ci insultano e dicono cose privatamente, ma finora non sono riusciti a fare niente a noi e ai nostri profili.”

Negli ultimi giorni, gli amministratori dei gruppi atei e laici coinvolti hanno lavorato insieme per documentare gli attacchi e coordinare i loro prossimi passi.

“Non abbiamo intenzione di accettare la loro censura nei nostri confronti su Facebook”, ha detto Binni. “Stiamo andando troppo oltre. Se questo non è terrorismo, non so cosa sia. Per anni siamo stati sulla difensiva, ma ora si tratta di una questione di sopravvivenza “.

Per cercare di convincere Facebook a revocare l’oscuramento dei gruppi arabi atei e laici è stata organizzata una petizione on line.

I Cyber-jihadisti credono evidentemente che attraverso la realizzazione di questi attacchi – e con la conseguente soppressione delle critiche alla religione – di promuovere la causa dell’Islam. Uno dei problemi nel cercare dissuaderli è che le loro attività rispecchiano fedelmente le politiche della maggior parte dei stati arabi.

Molti paesi arabi hanno leggi contro la “diffamazione” della religione e in Arabia Saudita “propagandare” l’ateismo è classificato come atto terroristico. In cinque paesi arabi – Qatar, Arabia Saudita, Sudan, Emirati Arabi Uniti e Yemen – gli apostati (i musulmani che rinunciano all’Islam) possono in teoria essere giustiziati.

 

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La cyber-jihad contro gli atei arabi ultima modifica: 2016-02-22T18:47:47+01:00 da Corpo60
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