L’uomo che ritraeva i sovietici anni 80 partendo dall’orecchio.
di Roberto Coaloa, pubblicato su Libero il 30 luglio 2016.
Corpo6o ha pubblicato i ritratti, molto originali, quasi surreali, della gente di San Pietroburgo, «persone messe a nudo», di Andrej Astvacaturov, Naked People. Originali perché lo scrittore russo, nostalgico della San Pietroburgo d’antan, cioè la Leningrado in cui è nato, offre al lettore non una storia della città, ma una flànerie letteraria e caleidoscopica che avrebbe fatto la felicità di Walter Benjamin.
Astvacaturov non ha mai smesso di sognare e scrivere. Da piccolo dettava alla madre delle improbabili fiabe, da ragazzo sognava di suonare e avere successo con una rock band. Oggi è un affermato uomo di lettere, il migliore autore della Russia di oggi. Il libro avrebbe potuto intitolarsi Gente di San Pietroburgo perché la galleria dei personaggi è davvero unica. In russo il titolo di questo bel volume, pubblicato a Mosca nel 2010, è Ljudi v golom. La traduzione è di Giulia Marcucci.
Astvacaturov è ironico. Eccolo, ad esempio, che osserva le orecchie della gente di San Pietroburgo, prima di entrare nelle cavità profonde della metropolitana, cimentandosi in una dotta classificazione:
«Orecchie grandi che ricordano le foglie di bardana e orecchie piccole a forma di una monetina da cinque rubli; orecchie a sventola come antenne paraboliche e orecchie graziosamente appiccicate al cranio; orecchie dure come le decisioni del nostro governo all’epoca di Brežnev, e orecchie morbide, rachitiche, insicure come i professori universitari; orecchie carnose con grossi lobi come gli atleti di peso massimo, e orecchie sottili, trasparenti come ballerine; orecchie sfacciate con cespugli di peli penzolanti e orecchie timide che cercano di nascondersi sotto la chioma…».
I ritratti pietroburghesi di Astvacaturov si arricchiscono anche di osservazioni e indagini moscovite, necessarie per raccontare l’epoca pesante della fine del comunismo, del passaggio di una generazione di giovani marxisti a una nuova Russia, capitalista e spensierata, con uno spirito burlone e al tempo stesso autoironico. Memorabile il colloquio dello scrittore con un editor di Mosca, «una corpulenta gentildonna di lettere», dalla sigaretta facile. Seduto su una morbida poltrona disposta a fianco dell’enorme tavolo della «casa editrice moscovita di successo», lo scrittore ascolta:
«Lei, mio caro, non è capace di costruire l’intreccio, salta di continuo da una parte all’altra, racconta qualche fesseria, si ripete…».
Lo scrittore ascolta la signora dall’inseparabile posacenere e si mette a leggere gli autori moscoviti, così à la page. Loro, e non lui, sono i depositari del sucesso di un buon romanzo. Lo scrittore si muove tra Mosca e San Pietroburgo. Non demorde e continua a scrivere. Resta defele se stesso e si chiede:
«Negli ultimi tempi sempre più spesso mi mando: chi sarei diventato se allora avessi avuto l’appoggio dei miei genitori? Probabilment scrittore moscovita alla moda oppure uno sceneggiatore».
Immagine dell’autore da www.metronews.ru